Europa Magazine – A Report on “The ICD Annual Conference on Cultural Diplomacy”
The power of cultural diplomacy
Si è aperto oggi al senato il simposio promosso da Francesco Rutelli sulle nuove prospettive di scambio interculturale. Tra gli ospiti, il ministri Massimo Bray e Gaetano Quagliariello, Paolo Baratta, Luca Serianni e Mark Donfried.
«Un tema non scontato, per troppo tempo confinato nelle aule accademiche, di stretta competenza degli addetti ai lavori». È il presidente del senato Pietro Grasso a introdurre gli interventi della sessione iniziale del primo simposio internazionale sulla diplomazia culturale, voluto e promosso da Francesco Rutelli, presidente onorario dell’Icd (Institute for cultural diplomacy), insieme alla Società Dante Alighieri e all’associazione Priorità Cultura.
Due giorni iniziati stamattina nella sala Zuccari di Palazzo Giustiniani in cui si sono succeduti il ministro del Mibac Massimo Bray, il presidente della Biennale di Venezia Paolo Baratta, il professor Luca Serianni de La Sapienza, il ministro per le riforme costituzionali Gaetano Quagliariello, l’architetto Massimiliano Fuksas e Mark Donfried, direttore dell’Institute for cultural diplomacy di Berlino.
Il concetto di diplomazia culturale, spiega ancora Grasso, è un concetto complesso in quanto «nasce dall’incontro tra due dimensioni differenti: quella formale della diplomazia e quella, per definizione, libera della cultura, la cui vocazione al dialogo tende a svolgersi fuori da schemi rigidi e definiti». Eppure la cultura riveste un ruolo diplomatico fondamentale al punto che in molti paesi è «strumento specifico di politica estera».
Volano di economia e occupazione – un tema questo su cui insistono tutti gli intervenuti – la cultura va declinata nella duplice vocazione di coscienza di sé e della propria individualità e di conoscenza di ciò che è altro da noi: il passato e il presente, cioè «chi incrocia la nostra vita quotidiana». È Luca Serianni a ricordare che in Italia vivono cinque milioni di non italiani e che l’italiano è tra le prime cinque lingue studiate nel mondo.
Sulla necessità di «rafforzare la collaborazione tra pubblico e privato» in una più ampia «logica di sistema» che preveda, tra l’altro, un «esercizio di semplificazione normativa», insiste Bray, mentre Quagliariello rintraccia nel «secolo delle ideologie», cioè dei «sistemi rigidi nei quali le idee sono governate in schemi» la ragione della relativa contemporaneità della categoria di diplomazia culturale.
«La forza delle ideologie ha nascosto il movimento delle idee che si è mosso attraverso gli strumenti della diplomazia culturale». E il padrone di casa, Francesco Rutelli, incassa il sostegno del premier: «Letta – che ha preso parte alla welcome dinner del simposio – si è detto pronto a sostenere gli sforzi dell’impegno condiviso che scaturiranno dai lavori di questo consesso».
Più mirato l’intervento di Donfried che mentre pone l’accento sull’«accesso alle risorse» come obiettivo prioritario della diplomazia culturale, individua nella «mancanza di ascolto», pressoché indifferenziata, da parte dei governi nei confronti delle comunità culturali, la causa di incomprensioni anche importanti. «Perché tanti ministri si sono sorpresi della primavera araba? Perché non hanno saputo ascoltare la cultura di quei paesi. Per esempio, se avessimo ascoltato di più e meglio gli studenti unversitari che portavano su Twitter le loro idee, lo avremmo capito molto prima».
Il simposio prosegue presso la società Dante Alighieri oggi pomeriggio e domattina quando si discuterà specificatamente di proposte per contrastare il traffico illecito di opere d’arte. Tra gli ospiti, oggi, Giovanna Melandri, presidente del MAXXI, Achille Bonito Oliva e Gianni Puglisi, presidente della commisisone italiana Unesco. Domani, Maurizio Fiorilli, vice avvocato generale dello Stato, Marcello Mazzucca, comandante di divisione unità specializzate dei carabinieri, Edouard Planche dell’Unesco, Tullio Scovazzi della Bicocca e Marina Schneider, Unidroit.